7 gennaio 2012

Di carne e di sangue


In un tempo fuori dal tempo, ma in un luogo ben preciso, il Sole splendeva alto nel cielo.
Passando tra le fronde degli alti alberi al limitar del bosco, cadeva a far risplendere di un cremisi brillante come un rubino…



“Ecco, sembrava un rubino quella goccia di sangue sulle foglie.” pensò Camille “Non poteva esser uscita dalla gola squarciata; era troppo chiara e brillante. Deve essersi ferito mentre scappava.”
Quasi sovrappensiero si chinò a raccoglierla con la punta dell’indice, e la succhiò tra le labbra.


Si sentiva viva ora Camille. Tre giorni a soffrire la fame erano stati una terribile lezione che non avrebbe mai più dimenticato. Si era addirittura ritrovata a pensare che la vecchia troia avesse avuto ragione, che non avrebbe dovuto lasciare il Clan. Ma ora no, ora era viva e forte, ed aveva ragione lei.


“Ora dove vado?” pensò guardando verso la pianura ed il fiume e verso l’interno del bosco “Un posto vale l’altro ormai, ormai libera. Bosco.”


Così vi si addentrò e, mentre i raggi del sole facevano sempre più fatica a penetrarne il fogliame, Camille rise, pensando alla faccia del poveretto quando gli si era apparsa innanzi.


Quando i suoi occhi guardavano la preda, nessuna parola poteva avvicinarsi alla sensazione vissuta. Durante i giorni della fame di sicuro era peggio; poveretto che spavento si era preso!






“Hey Claude, cazzo! Corri ad aiutarmi mi sta cadendo!” urlò Zio Reginald tentando di reggersi sulle gambe, mentre cercava di non far ribaltare il carro. Claude corse subito verso di lui e sollevò il carro.
“Bene! Tienilo così mentre cerco qualcosa da metterci sotto. Merda! Proprio adesso doveva rompersi questa cazzo di ruota!”
Claude reggeva il carro carico come se la ruota fosse un’invenzione inutile; certo, Claude era forte, ma ormai era una cosa Normale per zio Reginald, e soprattutto per lui. All’inizio si stupiva che gli altri rimanessero a bocca aperta quando da bambino faceva quelle cose che gli altri definivano strane.
Ma poi lo accettarono come un dono del Signore, e lui non ci fece più caso.






La luce del Sole pareva un ricordo, tanto fosse fitto il fogliame. Il Bosco era così oscuro, nascosto, segreto ed intimo che a Camille piaceva, si sentiva al sicuro lì dentro, protetta.Un utero oscuro dove rifugiarsi e chiudersi fuori il mondo. Fosse possibile davvero farlo, lasciarsi tutto alle spalle, ma proprio tutto e tutti.
…ma era solo un Sogno.


Non sarebbe possibile vivere da soli specialmente per lei, questa era la sua gloria e questa era la sua disgrazia. Così decise, quella sarebbe stata la sua casa. La sua vera casa, quella della nuova vita, della vita libera, la SUA vita.


Fortunatamente, anche se il Bosco era tetro, capitava sempre che qualcuno lo attraversava.
Forse perché era Estate, forse durante l’Inverno sarebbe stato diverso, ma Camille a questo non pensò.
Chi passava di lì, venivano a trovarla a casa, gli Ospiti li chiamava.
Li sentiva arrivare da lontano, se il vento era a favore li poteva fiutare da miglia di distanza, si divertiva ad avere ospiti.
Oh se si divertiva!


Non voleva che si annoiassero. Di certo non si sarebbero mai annoiati con lei.


A volte li cacciava, ma questo molto spesso accadeva di notte, altre volte usava altri metodi, anche piacevoli. Se li trovava carini si divertiva a farli sbavare un po’ dietro la sua gonna, ma quando loro credevano di aver avuto la meglio, ecco che la situazione si ribaltava e la povera ragazza che si era persa nel bosco diventava il predatore.
Cambiava sempre gioco.


A volte aveva anche pensato di poter trarre piacere da qualcuno dei più belli e robusti. Ma alla fine ci aveva sempre rinunciato; sentiva che non sarebbe stato giusto per lei, che se ne sarebbe pentita.


A volte venivano in due nel bosco, proprio perché era un luogo al riparo da sguardi di mariti gelosi o di padri possessivi. Lo sapeva quando venivano a fare sesso, era forte l’odore dell’eccitazione delle donne. A volte aveva anche spiato.
Li vedeva gemere e contorcersi, ma non capiva. Era come un rito, una liturgia, ma non c'era Magia...
Sì, sentiva l'istinto animale prendere l'uomo ed il fuoco ardere la donna, ma…
Non era forse egoismo quello che percepiva?


Forse per questo non aveva voluto farlo, lei era viva, faceva parte della Natura.


Loro invece, cercavano di carpire la vita; forse in fondo erano solo spaventati, e cercavano di prendere il più possibile. Non capivano che bisognava solo arrendersi e lasciarsi trascinare nel Tutto, forse era troppo Facile perché lo capissero.


Anche se non conosceva ancora i piaceri del sesso, conosceva bene il rito del sangue.


E loro non avrebbero mai conosciuto il sangue. Quello che si provava nel nutrirsi del sangue pulsante di una gola recisa, quando ti invadeva la bocca, la gola e ti inebriava col suo calore. Era un’arte difficile ed affascinante, di cui lei ormai era maestra.


 ...ma Camille non pensò tutte queste parole; non pensò affatto.
Fu solo la sensazione di un attimo, solo una scintilla scaturita dal fuoco che le ardeva dentro.






“Claude, ci divertiremo vedrai, la fiera di Saint Etienne è favolosa. La vecchia” così chiamava la Zia quando lei non lo sentiva “non è venuta quest'anno, e forse finalmente riuscirò a farti diventare uomo. Ma non preoccuparti, penserò a tutto io; è pieno di femmine in questi giorni ed il vino scorre a fiumi. Dopo aver venduto la nostra roba ci divertiremo vedrai. Oh se ci divertiremo! Mangeremo, berremo e tromberemo a volontà. HAHAHAHA alla faccia della vecchia!”


Lo Zio Reginald era così, un buon uomo, anzi una pasta d'uomo, aveva questi risvolti certo, ma gli voleva bene, e tutte queste cose venivano accantonate, proprio come se fossero solo parentesi del suo carattere. Parentesi goliardiche e poi, cosa poteva farci? Tutti quelli che lo circondavano erano così, anzi anche peggio.


Claude era abituato alla sua diversità, avvezzo alla solitudine che questa causava; era abituato sì, ma non per questo gli doveva piacere.






Sentì due che stavano avvicinandosi. Un uomo ed un ragazzo. La sera era inoltrata ormai, non avrebbero potuto attraversare il bosco, quindi dovevano accamparsi. Sarebbe stato davvero bella quella notte: Luna di caccia. Ed era un po’ che non cacciava, doveva pur tenersi in allenamento. Era sempre stata molto atletica e dinamica, gli adescamenti ormai le stavano arrivando a noia.
Sì, stanotte avrebbe cacciato!


Stavano entrando nel bosco, e già pregustava il tutto, tant’è che il suo cuore comincio a pulsare più velocemente, ma cercò di calmarsi. Era presto, era ancora presto.


Si avvicinavano, era nascosta e sentì un groppo al cuore quando lo vide.
Era così… strano.
Non le era mai capitato una cosa del genere; eppure di ragazzi ne erano passati per il bosco, molto belli e robusti, più di questo.
Ma nessuno le aveva fatto questo effetto; c’era Altro.
Qualcosa che non riusciva a comprendere. Non era solamente attrazione fisica, ma non riusciva a capire cosa. Sempre più curiosa continuò a seguirli come aveva fatto molte volte in passato, nascosta nell’ombra e silenziosa più di un gatto, li sentiva parlare…




“Claude, ormai dobbiamo fermarci” diceva lo Zio “tra un po’ non si vedrà più niente e dobbiamo riposarci; ne abbiamo ancora di strada da fare prima di arrivare a Saint Etienne. Cerchiamo un buon posto dove accamparci. Claude mi senti? Che cazzo ti prende? Da quando ci siamo avvicinati al bosco sei strano. Mica ti stai cacando sotto? Sono tutte stronzate quelle che dicono su questo bosco, è solo un luogo buio ed umido, niente di più. Hey, ma mi ascolti?”. E lo colpì in testa…




…all’improvviso lui la fissò.
“Impossibile che possa vedermi” pensò Camille “né che possa avermi sentita”.
Ma stava guardano proprio verso di lei. Aveva gli occhi color nocciola ma davano al verde ed erano rivolti verso di lei. In quel momento l’uomo lo colpì in testa e lei ne approfittò per scappare.
Possibile che l’avesse vista?
“No, chissà cosa stava guardando” si ripeteva Camille tentando di darsi una spiegazione.
Sarebbe dovuta essere più cauta, forse si era scoperta o aveva fatto qualche rumore; non riusciva proprio a spiegarselo. Intanto correva. Corse tanto Camille nel fitto del bosco. Correva, e le sembrava più buio del solito, continuava a correre mentre una pioggia sottile le bagnava la fronte. “Perché correr via?” si ripeteva. Già, che paura c’era? Era “solo uno stupido umano” pensò.
Ma era da lui che scappava? Era per lui che sentiva il suo cuore tremare?
Non sapeva cosa volesse dire, non le era mai successo di provare una tale sensazione. Per la prima volta il suo cuore tremava. Correva ed inciampò, incredibilmente inciampò. Cos’era quello? Un cervo, ferito.
Cadde, rovinosamente. Ora anche il suo sangue, oltre quello del cervo, si confuse con la pioggia. Fu tutto quello che vide prima di svenire: pioggia rossa che copriva il mondo.


“Pioggia di sangue lava via tutti i miei pensieri” pensò o sognò di pensare Camille, ma l’oblio era troppo vicino per poterlo dire con precisione. Forse era solo la preghiera di un cervo morente.






“CLAAAAAAAAAUDE! Cazzo ti svegli? Dobbiamo accamparci, ci sei?” era lo Zio che stava sbraitando? Claude non riusciva a non pensare a quegli occhi così intensi ed inquietanti, occhi che bruciavano di chissà quale peccato, occhi verdi di vita, occhi ”impertinenti” pensò “cosa ci faceva una ragazza nascosta in quel bosco? A pensarci bene non era nemmeno così bella, anzi forse era la ragazza più “buffa e strana” che avesse mai visto.


“Merda Claude, torna tra noi” insisteva Zio Reginald “oggi sei più strano del solito. Porca troia, ti decidi a darmi una mano? Ci mettiamo sotto quella quercia. Dai aiutami.”


Claude dovette liberarsi dei suoi pensieri per aiutare lo Zio a far ciò che voleva.


Più tardi, mentre Zio Reginald dormiva e russava come al solito, al riparo della quercia, Claude si alzò.
Non fece alcun rumore, si guardò intorno e la stava già cercando. C’era la pioggia, il bosco era fitto e buio, ma a lui queste cose non importavano.
Lui vedeva.


Era una goccia d'acqua quella che correva lungo lo stelo del trifoglio?
Era una formica che portava via quella foglia?
Quel gufo guardava proprio verso di lui?


...e sentiva.


Così era il rumore del lombrico che mangia la Terra?
Questo fa l'acqua schizzata al cielo da una foglia, dopo essersi piegata per la pioggia?
E questo pulsare, vibrare?  Era l'Eufonia del bosco, della Natura, dell'Universo?
Era questa la Magia, il fluire delle cose, un accordo universale cui vibra la materia tutta?


Un raggio di Luna attraversò le nubi e lo baciò dolcemente.


Non si sa per quanto tempo camminò, ma la trovò.
Era lì per terra, c’era un cervo morto e c’era molto sangue attorno a loro ed una puzza incredibile di morte e radici fradice.
Claude si sdraiò accanto a Camille. E


Lei aveva un grumo di sangue e capelli sulla fronte ed era viva.
 …ma lui questo già lo sapeva.
Le cinse il corpo con le braccia per scaldarla e si accorse che anche il suo braccio sanguinava, forse si era ferito nei rovi, sentì anche il freddo e la stanchezza; si addormentò.






Il Sole era ormai alto quando Camille aprì gli occhi. Credeva di essere morta ma il dolore alla testa era troppo intenso e capì di essere viva. Fece per muoversi ma si sentiva stretta, bloccata da qualcosa di caldo, di piacevolmente caldo. Girò il viso e vide accanto a lei il ragazzo del bosco e allora capì anche che lui l’aveva inseguita. Provava una strana agitazione, non riusciva a staccare gli occhi dal volto di Claude, era così bello con la barba un po’ lunga ed i capelli arruffati. Le batteva forte il cuore e non sapeva perché. Era eccitazione o spavento? Di sicuro qualcosa di così strano non l’aveva mai provato.
Pian piano cercò di divincolarsi dal suo abbraccio, si mise in ginocchio al suo fianco, con le mani in grembo e lo osservò gettando la testa di lato.


Com’era dolce Camille lì per terra.
Chi si fosse trovato a passare di lì per caso avrebbe visto una scena davvero strana: un cervo morto, un ragazzo che dormiva, ed una ragazza in trance.
Era come un tenero fiore bianco, e rosso, ma dagli occhi più verdi e più dolci che si potessero immaginare e sangue, sangue ovunque. Come se tutta quella scena fosse stata appena partorita dal caldo utero della Terra.
Questo avrebbe visto. Forse subito dopo sarebbe morto; ma così va la vita.


Camille si accorse che il braccio del ragazzo era ferito, ma il sangue si era fermato ed era ormai secco.
Tirò un sospiro di sollievo. Presa da una strana eccitazione si chinò sul suo braccio, strappò la camicia incrostata (sangue sudore pioggia terra) ed iniziò a leccargli la ferita.
Conosceva quel sapore metallico e dolciastro, che tante volte aveva provato e che significava vita per lei,
ma stavolta era diverso, si sentiva attratta da quel ragazzo, dal suo sangue, dal suo odore forte.


Non capiva.
Non riusciva a smettere.


Pensò agli Dei del bosco mentre la sua lingua percorreva la ferita di Claude. Vide il cervo morto e capì che era un segno del destino. Si passò le mani fra i capelli, sul vestito lacero e pensò che probabilmente il suo aspetto doveva essere orrendo. Camille non aveva mai pensato molto alla sua femminilità.
Davanti a lei dormiva l’essere più bello che avesse mai visto, ed era sporca, ferita e disordinata.
Più lo guardava più capiva che non le era estraneo.


E vide…
Vide il suo viso che le sorrideva ed udì la sua risata.
Vide sé stessa tenergli la testa in grembo mentre lui piangeva e sentì il calore delle sue lacrime.
Ma non erano visioni queste, erano ricordi. Ricordi di un tempo in cui erano stati insieme.
Pensò che tutto questo fosse strano, ma non così strano da essere impossibile.


Claude era ancora stordito, riusciva solamente a percepire di non essere solo, e sentiva il cuore battergli forte nel petto. Il braccio gli faceva male ma non era solo dolore quello che provava, era una strana sensazione di bagnato, ma meravigliosamente dolce. Aprì gli occhi e vide quella buffa ragazza accanto a lui intenta a leccargli la ferita…


Camille si accorse di essere osservata ed il cuore le balzò in petto quando gli occhi di Claude la guardarono.


Erano insieme. Non sapevano da quanto, non capivano il perché, ma erano insieme.
Tutto il resto non contava.
Si guardavano, le loro labbra non emettevano alcun suono, ma non ce n’era bisogno, non servivano le parole per comunicare come stavano già facendo.
Capirono che era quel momento che aspettavano da sempre.
Entrambi sapevano che il loro destino doveva ormai compiersi, insieme.
Nel sangue, nel dolore, nella paura.
Le loro anime lacerate dai ricordi ormai si risvegliavano.
Tutti i peccati erano stati cancellati, tutto il dolore protagonista della loro vita lentamente abbandonava i loro cuori.


Claude avvicinò a sé Camille, le prese il viso fra le mani, come se carezzasse il più delicato dei fiori e cominciò a baciare la fonte delle lacrime che le rigavano le guance.
Arrivò alle sue labbra morbide ed umide, le leccò piano, dolcemente, poi la baciò.


Camille rispose al bacio come se non avesse fatto altro nella vita. Era così naturale, era come nutrirsi, come bere ad una fonte, come respirare. La cosa più naturale della sua vita; la sua essenza tremò dal profondo.


E furono due anime che si fondono
Due Universi che diventano uno completandosi a vicenda.
Fu la consapevolezza.
Fu l’Amore.


Si guardarono negli occhi e la fiamma avvampò.
Come se un soffio di vento avesse spazzato via la cenere che la ricopriva da secoli, alimentandola e donandole vita, ancora ed ancora vita.
Gli occhi di Claude cambiarono, così come quelli di Camille ed i loro cuori urlarono la gioia della libertà, come avevano sempre bramato di fare.


Claude sentì la vita esplodere in lui. Tutte le mezze certezze e le tante paure svanirono.
La voce soffocata che a volte credeva di udire in lui divenne un urlo lacerante che squarciò il silenzio del dubbio. Lo aveva sempre saputo, ma ora ricordava, e non solo. Ormai trascendeva il sapere e la memoria; ora, semplicemente, era.


Camille si sentì pronta, aveva atteso ed ora sapeva perché.


Claude pensò, e la fiamma tornò ad assopirsi.


Camille vide la fiamma spegnersi negli occhi di Claude e per un attimo tremò di terrore assoluto.
Ma lui continuava a guardarla, ed era Amore la materia di cui erano fatti i suoi occhi.
Ed allora Camille capì. Ci sarebbe stato tempo per loro, tutto il tempo del mondo, non c’era fretta.


Camille capì ed anche l’ultima barriera fu abbattuta.
In quell’attimo ebbe la certezza che non sarebbe stata mai più sola, che non avrebbe mai più avuto paura e seppe che, da quel momento in poi, avrebbe potuto dare anche la vita per il suo uomo.






”YAWN…hmmm” disse Reginald al risveglio. Si guardò intorno grattandosi un po’ ovunque, si accorse che Claude non c’era, e si alzò per fare ciò che la natura richiedeva a quell’ora.
”RAGAZZOOO! DOV’E’ CHE SEI?” urlò “Oh porca, dove cazzo è andato adesso? HEY CLAUDEEEEE!”







Camille si avvicinò alla quercia dove aveva dormito il vecchio, ma lo avrebbe trovato ovunque tanto forte era il suo odore ed aveva appena urinato. ”Bleah, vecchio lercio” pensò Camille.
Uscì allo scoperto, senza problemi, non aveva bisogno di nascondersi.
Il vecchio la vide, le disse qualcosa, ma non badava a lui, c’era Claude alle spalle dello Zio. Si guardarono negli occhi e per un attimo il fuoco brillò di nuovo…






Reginald appena la vide disse: “Hey, e tu chi sei? Che ci fai nel bosco, e conciata così poi. Ti è successo qualcosa? Hey mi senti? Parli la mia lingua?” fece per avvicinarsi e per un attimo gli occhi di Camille cambiarono. Reginald si fermò di colpo.”


Era stato un riflesso quello? Sarà stato di sicuro un abbaglio. Non è certo possibile che degli occhi umani possano cambiare così, a pensarci bene, non è possibile che degli occhi possano essere così, un gatto forse, ma non certo una ragazza, e poi cosa ci faceva una ragazza in quel bosco?
Con quel vestito ridotto uno straccio, sembrava quasi una selvaggia e… quegli occhi.
Erano verdi sì, ma sembravano smeraldi, lo smeraldo del signore dei sogni. Come gli raccontava la Nonna da bambino. Smeraldo, la pietra delle aquile, che i grandi uccelli usavano per far dischiudere le uova.
Ah, le storie della nonna!


Da bambini si mettevano tutti lì ad ascoltare, nessuno osava fiatare, accanto al fuoco, avevano il terrore della Nonna, rimanevano lì, immobili, le parole non sembrava le uscissero dalla bocca, era come se provenissero da…






Claude sentì lo Zio parlare. Arrivò alla quercia e lo vide, vide Camille e Camille guardò lui.
Si avvicinò allo Zio, era lì fermo e non diceva più una parola, gli poggiò una mano sulla spalla.




“AAARGH!” urlò Reginald voltandosi “Cazzo Claude! Non puoi sbucarmi alle spalle così. Ma dov’eri? Hey Claude, ragazzo. Parlo con te, mi senti?”


Claude si limitava a fissarlo.


“Claude che ti prende? Mi sembri strano” gli chiese lo Zio, ma Claude si limitava a fissarlo.
Aveva lo stesso sguardo della ragazza.


La ragazza! Se n’era dimenticato, perso nei pensieri.


Pensieri? A cosa stava pensando prima?
Che strana sensazione. Si sentiva confuso, si era svegliato, aveva visto la ragazza, poi?
Ricordava l’odore di un camino, ma era un vecchio ricordo, forse di quando era bambino, ed ora Claude…


Camille andò verso Claude e gli si strinse al braccio.
Lo carezzava nell’incavo del gomito; sovrappensiero.


Reginald vide la ragazza che si avvicinava a Claude e che gli cingeva un braccio. Guardò Claude negli occhi come se volesse chiedergli spiegazioni e vide i suoi occhi cambiare. Stavolta non era un riflesso né un abbaglio, parevano quelli di un gatto, simili ma dal colore indefinibile.
Sembravano gialli, ma erano anche verdi.


Claude sentì il calore di Camille, la tenerezza delle sue carezze, e strappò il cuore allo Zio.


Li guardava Reginald mentre la vita lo abbandonava.
Continuò a guardarli, perso da quell’iridescente gioco di colori che erano negli occhi del suo ragazzo.
Fu l’ultima cosa che videro i suoi di occhi. Tutto divenne rosso e poi nero.
Continuò a vedere i colori, quel rilucente gioco, come di...


Ma era già morto.
E a noi non è dato sapere cosa vide Reginald nel regno di Nonna Morte.


FINE 

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